E’ la banda a entrare per prima nel nuovo atrio cavernoso, salire le grandi scale maestose e fermarsi in cima con le sue trombe e tamburi e bandiere e orgoglio americano. Li seguono i bambini della scuola di quartiere, i giornalisti, le telecamere, i telefonini. Un trambusto che non disturba affatto le formiche, che continuano a trasportare i loro infinitesimali pezzetti di cibo nell’Insectarium, le farfalle che si agitano nel Vivarium e altri insetti neri molto indaffarati. Per i coleotteri, ahimé la banda e la folla non fanno differenza: un lungo ago li impala nelle loro teche, per sempre.
Benvenuti nel nuovo maestoso, cavernicolo, ondulato, ancestrale Gilder Center, lo spazio creato alle spalle dell’originaria struttura dell’American Museum of Natural History per ospitare insetti, farfalle e il mondo invisibile, e poi una biblioteca, delle aule, in tutto cinque piani concepiti per avvicinare i bambini alla scienza, per fargli sentire i rumori degli insetti la notte e fargli vedere una crisalide che si apre di giorno e immaginare di stare dentro un immenso alveare. Tutto quello che in città non possono fare e per questo c’è il museo.

Ma il Museo di Storia Naturale, creato originariamente nel 1877, con la statua di Theodore Roosevelt a cavallo sovrastante un attendente africano da una parte e un indiano dall’altra, trionfalmente situata all’ingresso principale dal 1940, e velocemente rimossa e spedita in Nord Dakota dopo le violenti proteste del Black Lives Matter, con i suoi antiquati diorami e i suo animali impagliati dentro le teche di vetro, che ancora ci stanno, era diventato un po’ il museo di se stesso.
Questa estensione di 17mila metri quadri alle sue spalle, che si apre su Columbus Avenue e 79esima strada, che è costata 465 milioni di dollari, che è stata annunciata nel 2014 e finalmente inaugurata, proietta il museo in un’epoca diversa. La scienza nel Gilder Center diventa interattiva con i bottoni per sentire il frinire delle cicale, lenti di ingrandimento per moltiplicare le dimensioni delle antenne dei ditteri, un ‘teatro immersivo’ dotato di uno schermo a 360 gradi per immergere i visitatori nella meraviglia della natura (un po’ come andare in un bosco ma vicino casa e senza doversi sporcare le scarpe di fango…) e tanto altro.

E poco importa che doveva essere più grande, costare meno ed essere inaugurata prima, e che il banchiere filantropo che ha finanziato in parte il progetto, Richard Gilder, nel frattempo è deceduto, che alcuni critici dicono che di progetti curvilinee così se ne sono già visti tanti a cominciare da Gaudì per continuare con Saarinen, e Zaha Hadid, aggiungo io: il risultato è notevole. Quando si entra nella hall con la luce che arriva da tutte le parti, da un enorme finestrone sul soffitto, dai buchi nei canyon di calcestruzzo o quello che è, non fa differenza, dall’ingresso di vetro, ci si sente veramente dentro un cartone animato dei Flinstones e allo stesso tempo in una enorme navicella spaziale, trasportati contemporaneamente avanti e indietro nel tempo. Pronti a lasciarci sopraffare dallo stupore, la meraviglia, come Alice nel paese delle meraviglie, Pinocchio nel paese dei balocchi, insomma come un bambino che si diverte e insieme impara.

Molte le difficoltà incontrate dal team di architetti dello studio di Jeanne Gang cui è stato affidato il progetto che doveva costare 325 milioni di dollari ed essere completato nel 2019 per celebrare i 150 anni del museo. Ci si è messa la pandemia, la resistenza dei residenti dell’Upper West Side che non volevano che parte del Theodore Roosevelt Park venisse eliminata per fare spazio al Gilder Center (solo nel 2019 la Corte d’Appello dello stato di New York ha chiuso la vertenza), ma la resistenza ha vinto. All’esterno il parco è stato riprogettato dal team di Reed Hilderbrand che ha introdotto più alberi nello spazio rimasto, all’interno l’Insectarium e il Vivarium sono stati affidati alla pianificazione di Ralph Applebaum Associates, mentre i dettagli degli spazi interni venivano sempre più definiti per raccontare la natura, come la colonna al centro della biblioteca che sembra la base di un grande fungo.

“Questa estensione del museo è una grande attrazione turistica – ha detto il sindaco Adams all’inizio del suo saluto – e i turisti come sappiamo portano denaro. Siamo felici di aver contribuito con il più grosso fondo mai concesso dalla città, perché le istituzioni culturali non fanno solo cultura, costruiscono la società e questo museo è una ulteriore dimostrazione che New York non si sta risollevando dopo la pandemia, New York è già risollevata, New York is back!”