Walter Siti a New York. Partecipa al convegno Multipli Forti, sul ponte fra letteratura italiana ed editoria americana, riceve il The Bridge Book Award per la saggistica. Giunto alla sua settima edizione il premio, creato da Maria Ida Gaeta con il coordinamento di Maria Gliozzi, si propone di contribuire alla circolazione dei libri sui due lati dell’oceano. Siti ha vinto con Contro l’impegno – Riflessioni sul Bene in letteratura (Rizzoli), un testo in cui affronta l’idea, diffusa da tempo, che la letteratura debba promuovere il bene, guarire le persone e riparare il mondo e la combatte con una serie di esempi che affondano nella letteratura classica e arrivano alla scrittura contemporanea. Per Siti la letteratura non dovrebbe far sentire mai nessuno dalla parte giusta: nei grandi romanzi non si sa mai chi dei personaggi abbia ragione. Madame Bovary per esempio è una traditrice, ma potrebbe essere legittimo appoggiare il suo desiderio di libertà così come quello opposto del marito. Il maggiore obiettivo della letteratura non è quindi, per Siti, l’affermazione di una verità preconfezionata, ma l’avventura conoscitiva cui porta il lettore. Che deve poter nutrire il dubbio, essere lasciato nelle contraddizioni, elaborare un pensiero suo. La letteratura deve distruggere gli stereotipi, spiega, deve poter dare cittadinanza al male quando permette di raccontare verità quasi vere. Per esempio, dice, scene che ho fatto vivere ai miei personaggi in realtà le avevo vissute io o persone vicine a me, e io nel raccontarle le ho portate alle estreme conseguenze, verso fatti che non erano accaduti, luoghi inesplorati.
Bene e male in letteratura quindi e alla fine della premiazione non resisto al chiedergli del male a New York.
Conosco troppo poco New York per dirlo, ho come l’impressione che il male abbia due facce: una più evidente degli homeless che si vedono nelle strade, della povertà che si percepisce appena si esce da Manhattan, il male sociale quindi, di persone che sostanzialmente si autodistruggono perché probabilmente non vedono alternative per la loro vita. Poi invece credo ci sia un male invisibile che riesco solo a immaginare ed è quello degli oppressori di coloro che pensano di salvarsi accumulando denaro e potere. E infine sentivo, ma forse è una idea idiosincratica mia, come una specie di sottile perdita di senso, di una città che continua a pensare di avere a livello mondiale un dominio che sta invece perdendo. Che quindi ci sia una angoscia non percepita ancora, comunque non detta, di chi sa che sta perdendo il primo posto che credeva di avere.
Il bene invece?
Si trova nella nostra ostinata voglia di sperare, e di pensare che pur invecchiando il ventenne dentro di noi non muore mai
E quello è universale…..
Si
