Maglieria, ingegneria e diritti della persona, cosa hanno in comune? Ce lo ha spiegato al telefono la torinese Rachele Didero, 26 anni, di professione stilista e scienziata. Dottoranda presso il Politecnico di Milano con studi a New York e Tel Aviv, l’italiana ha sviluppato e brevettato “Adversarial Knitted Textile”, un tessuto a maglia che impedisce il riconoscimento facciale, un vero e proprio strumento a tutela della privacy e dei diritti fondamentali. Con questo filato super tecnologico Rachele ha dato vita alla linea di vestiti – la prima nel suo genere – chiamata “Manifesto Collection” realizzata per la startup Cap_able di cui è co-fondatrice. Vincitrice del Compasso d’Oro – il premio più antico e prestigioso per il design – recentemente inserita nel ranking dei giovani innovatori più influenti dell’anno dalle pubblicazioni Startupitalia e Forbes, la Didero è in procinto di trasferirsi a Boston dove proseguirà il dottorato presso il Massachussets Institute of Technology (MIT), l’università più prestigiosa al mondo.

Rachele da dove ha tratto ispirazione per la sua idea?
Mi trovavo a New York per un periodo di ricerca al Fashion Institute of Technology (FIT). Proprio in facoltà sentii alcuni colleghi commentare una notizia: un gruppo di cittadini di colore di una palazzina di Brooklyn aveva vinto una causa per violazione della privacy. A loro insaputa, erano state posizionate delle telecamere per la raccolta di dati sensibili davanti all’ingresso dello stabile. Non avevo mai sentito parlare di una cosa del genere, mi sembrò un fatto singolare tanto da diventare materia per la tesi.
È andata ben oltre la teoria.
Prima di tutto ho brevettato un metodo capace di ingannare i sistemi di riconoscimento di un oggetto in tempo reale intrecciando immagini elaborate da un algoritmo. Quindi ho realizzato la Manifesto Collection. Se indosso un indumento su cui è intessuta un’immagine cosiddetta contrastante – da qui il termine Adversarial – proteggo i dati biometrici del mio viso in modo tale che non vengano rilevati, impedendo il riconoscimento facciale.
Algoritmo, riconoscimento biometrico, dati, ci faccia capire.
I dati biometrici rientrano nella categoria dei dati personali. Ad esempio, l’impronta digitale usata per sbloccare il telefono cellulare ma anche la conformazione dell’iride, della tonalità della voce oppure, come nel caso del mio studio, del viso. La raccolta di tali dati avviene tramite sistemi hardware e software e vengono conservati in un database, in genere sullo stesso telefono. In questo modo è possibile identificare la persona interessata. Nell’epoca in cui viviamo il dato biometrico rappresenta la risorsa più importante che ci sia. È un dato che ci accompagnerà per tutta la vita, ci distingue in maniera univoca e non possiamo scegliere di cambiarlo. Nel tutelarlo bisogna essere consapevoli di quanto si celi dietro ad esso.
La tecnologia dunque non è l’unico obiettivo
Mi interessa la consapevolezza dell’importanza della privacy che rientra nella sfera dei diritti fondamentali dell’essere umano, con l’obiettivo di sensibilizzare le persone sulla protezione dei propri dati biometrici, un tema spesso sottovalutato, nonostante riguardi la maggioranza dei cittadini nel mondo. Questi discorsi non possono essere affrontati solo a livelli alti, penso alle istituzioni o enti che siano, ma devono essere recepiti e accolti da un numero sempre più grande di persone proprio perché possano ragionare sulle scelte da fare quotidianamente. La tecnologia che ho sviluppato offre gli strumenti a sostegno di tali scelte. La sua invenzione è la somma di studi fatti in giro per il mondo.
Dopo il liceo classico si iscrive a Fashion Design al Politecnico di Milano dove consegue la magistrale con una specializzazione in maglieria. Nel frattempo era volata a New York per studiare al Fashion Institute of Technology (FIT) dove scopre il potenziale della combinazione di informatica e tessuti. Successivamente concretizza il progetto della Manifesto Collection con la realizzazione di prototipi nei laboratori dello Shenkar College di Tel Aviv. Quale è stata la sfida più grande durante il suo studio?
L’intuizione: sovrapporre una quantità sconfinata di immagini – tale da annullarne la natura stessa – così da confondere l’algoritmo rintracciabile dalle telecamere.
Siamo in pericolo?
Corriamo molti rischi. Uno dei tanti è il furto dell’identità, ad esempio. Oppure possiamo essere influenzati nelle scelte che compiamo: più dati esistono su una determinata persona maggiormente può essere condizionata. Pensiamo ai cookie. Quando apriamo un sito ci viene chiesto di accettarli o meno così da evitare suggerimenti e pubblicità varie sullo smartphone o sul computer. Queste informazioni, insieme alla raccolta del dato biometrico ingigantiscono il fenomeno della sorveglianza di massa, una banca dati tanto grande da riuscire ad influenzare le scelte dell’intera popolazione mondiale.

Chi è più a rischio?
In particolare le fasce cosiddette più deboli: minoranze etniche, popolazioni di stati autoritari, le persone di colore, le donne. I minori, particolarmente colpiti dall’uso improprio della tecnologia. Inoltre, ci sono molti dubbi sulla sostenibilità etica a lungo termine del riconoscimento facciale. Un problema che emerge dall’uso di questa tecnologia è proprio la sua oscurità. Dobbiamo pensare che ognuno di noi è influenzabile e ognuno di noi dovrebbe proteggere i propri dati il più possibile.
Questo sistema con quali colori e tessuti può funzionare?
Il pattern dei colori è creato dalla messa insieme delle immagini, dunque è generato dall’algoritmo stesso. L’Adversarial Knitted Textile inoltre funziona su tutti i filati finora testati: seta, fibre naturali e non. Ad esempio, la Collezione Manifesto è realizzata in cotone Egitto. È una tecnologia che si avvale di molteplici applicazioni in questo senso.
Lei è una tecnica con studi classici.
Sono una creativa, da bambina disegnavo moltissimo e volevo diventare una stilista. Ma amavo anche la comunicazione e tutto ciò che abbraccia il mondo scientifico, tanto che le applicazioni tecniche sono da sempre uno stimolo necessario. Oggi sono tutte le cose che da sempre mi appassionano.
Dove vuole arrivare?
Per il momento parto da una nuova idea che riguarda il progetto già esistente.
La tecnologia, la sua, ci metterà in salvo?
Per natura sono molto positiva!