All’ormai imminente notte degli Oscar, giunti alla novantacinquesima edizione, l’Italia sarà rappresentata da Aldo Signoretti, candidato al trucco per Elvis, e soprattutto Alice Rohrwacher, per il cortometraggio “Le Pupille”. Il corto, presentato da Disney e co-prodotto da Alfonso Cuaron, è stato infatti selezionato dalla Academy assieme ad altri quattordici opere per concorrere al premio del migliore short live action dell’anno. Il lavoro della Rohrwacher era stato già particolarmente apprezzato a Cannes, dove ha vinto il Gran Premio Speciale della Giuria con “Le Meraviglie” nel 2014 e il premio per la migliore sceneggiatura con “Lazzaro Felice” nel 2018. Da allora, la regista toscana si è dedicata alla realizzazione di cortometraggi, l’ultimo dei quali le ha permesso di sbarcare per la prima volta oltreoceano alla rassegna più prestigiosa del mondo.

Il corto “Le pupille” (37 minuti) è liberamente e maldestramente ispirato – per stessa ammissione della regista – ad un racconto che Elsa Morante scrisse nei giorni di Natale del 1971 per l’amico e critico Goffredo Fofi, ambientato negli anni del fascismo e della guerra. Protagoniste sono una zuppa inglese e delle orfanelle, dallo sguardo puro ed innocente eppure scarno e segnato dalla vita, che passano il Natale in un orfanotrofio sotto le severe disposizioni della Madre Superiora, interpretata dalla sorella della regista Alba Rohrwacher.
La vita delle pupille (diminutivo di pupa, dal latino bambina) è una vita di clausura, scorre lenta nelle quattro mura dell’orfanotrofio. Basta ben poco per solleticare la loro fantasia, come un’interferenza radiofonica che trasmette le note di “Ba – Ba – Baciami Piccina” di Alberto Rabagliati e le giovani ragazze (tutte tranne una, Serafina) non possono far altro che dimenticare per qualche secondo l’austerità che le circonda, abbozzare timidamente qualche passo di ballo e canticchiare le note della canzone. Finché la Madre Superiora non se ne accorge. A recitare il ruolo di co-protagonista troviamo la tanto pittoresca quanto impellicciata Valeria Bruni Tedeschi, che riesce come al solito benissimo ad interpretare il ruolo dell’innamorata disperata e disillusa. In cambio delle preghiere delle pupille, offre una bellissima torta – una zuppa inglese (“ma italica”, dirà la Tedeschi) che diventerà ben presto l’oggetto del desiderio delle fanciulle. La torta sarà anche il pretesto per ribaltare le gerarchie e l’ordine all’interno dell’orfanotrofio.

Le Pupille rappresenta un quadretto dell’Italia degli anni Quaranta, con qualche piccola nota comica e tenera dovuta proprio alla quasi ricercata goffaggine nell’interpretazione e nell’inevitabile imbarazzo di alcune bambine che si presentano per la prima volta di fronte ad una telecamera. Il titolo, inoltre, è una trovata linguistica della Rohrwacher dove per pupille intende sia le bambine, sia per l’appunto le pupille degli occhi delle bambine stesse, che guardano con curiosità il mondo dalla finestra del dormitorio. E proprio negli occhi blu della piccola Serafina è riposto il contrasto che anima il film: da una parte la rigidità spirituale e dei costumi, l’educazione verticale della Superiora ed il contesto storico dell’Italia dell’epoca, e dall’altra l’istinto liberatorio, lo scherno rivoluzionario verso l’autorità e la semplice, irrefrenabile voglia di mangiare una zuppa inglese.