Bellissima, sensuale, brava. Una delle grandi attrici italiane, corteggiata e bramata dal pubblico, da Hollywood e dai suoi grandi divi, ma capace di dire no a tutto per tornare a essere sempre di più se stessa e vivere una vita normale. Claudia Cardinale l’Indomabile (Edizione Cinecittà e Electa), è il titolo del libro curato dalla figlia Claudia Squitieri che sarà presentato all’Istituto Italiano di Cultura il 2 febbraio. Claudia Cardinale, semplicemente il suo nome iconico, la retrospettiva che il MoMA le dedica dal 3 al 21 febbraio. 20 film, di cui 12 restaurati, un grande omaggio ad una attrice, ormai 84enne, e ancora attiva, interprete qualche mese fa di un corto che sarà presentato anch’esso al MoMA in apertura della rassegna: Un Cardinale Donna diretto da Manuel Perrone.

Claudia Cardinale è stata un simbolo di bellezza, paragonata a Brigitte Bardot, BB contro CC si diceva, specialmente quando insieme hanno girato Le Pistolere, una attrice che da ruoli minori e voce doppiata è divenuta protagonista per registi come Fellini, Visconti, Leone, Herzog, ha recitato in diverse lingue, in più di cento pellicole, con John Wayne, Orson Welles, Sean Connery, Marlon Brando, Alain Delon.Ha attirato l’attenzione di scrittori come Alberto Moravia e giornaliste come Oriana Fallaci.
Nata in Tunisia da genitori di origine siciliana, Claudia Cardinale è arrivata al cinema per caso, dopo un concorso di bellezza vinto a Tunisi a 18 anni. Era il 1957. Scovata dal produttore Franco Cristaldi ha iniziato a frequentare una scuola di recitazione, ma ha dovuto interrompere. Aspettava un bambino, ed era il frutto di una violenza. Ne ha parlato a sostegno del MeToo e lo ha ricordato di recente nell’intervista concessa al Wall Street Journal. Cristaldi l’ha aiutata, l’ha portata a Londra per far nascere lì il bambino, ha trasferito la sua famiglia a Roma per crescerlo e Patrick è rimasto un segreto finché non ha avuto 8 anni. Ma Cristaldi le ha anche fatto firmare un contratto capestro per cui non poteva sposarsi, tagliarsi i capelli, ingrassare.
La retrospettiva al MoMA include classici come Il Gattopardo e Rocco e i suoi fratelli di Visconti, C’era una volta l’America di Leone, 8 1⁄2 di Fellini, Il Bell’ Antonio di Mauro Bolognini , La ragazza con la valigia di Valerio Zurlini, Atto di Dolore di Pasquale Squitieri, L’Udienza di Marco Ferreri, Enrico IV di Marco Bellocchio, The Professionals di Richard Brooks , Don’t Make Waves di Alexander Mackendrick , Gebo and the Shadow di Manoel de Oliveira, L’été prochain di Nadine Trintignant e Twice Upon a Time in the West di Boris Despodov.
A New York però Claudia Cardinale non verrà: l’età, il viaggio lungo, il freddo, il covid, tutte considerazioni che l’hanno decisa a restare nella sua grande casa a Fontainebleau, vicino Parigi. Verrà la figlia, Claudia Squitieri, che ha curato il libro e ha scelto il titolo. E con lei parliamo di questo grande omaggio e iniziamo proprio dall’aggettivo indomabile.
Indomabile perché ci sono stati dei momenti della vita di mia madre, quando ha detto no all’America, a Cristaldi e persino a mio padre, trasferendoci a Parigi, in cui ha affermato la sua autorità sul mondo per riprendere possesso della sua vita. Mamma è una donna molto paziente, ma in quei momenti, questo suo essere garbata è venuto meno. Il no a Cristaldi è arrivato quando ha deciso di voltare pagina, stare con mio padre. Il no all’America perché al di là del gran divertimento di Hollywood, dello stare lontana dal controllo di Cristaldi, le foto con Frank Zappa lo dimostrano, le frequentazioni con tanti divi, quella non era la sua cultura, il suo mondo. C’erano le guardie del corpo per le star, non poteva fare due passi per strada, la polizia l’ha fermata chiedendole dove andava, perché lì tutti giravano in macchina e lei la macchina non la guidava, non era una vita per lei. Il trasferimento a Parigi è stato un atto di rottura, non tanto con mio padre, perché sono rimasti insieme, poi sono rimasti sempre amici, ma un ulteriore tappa verso il riappropriarsi della sua esistenza, della sua normalità. Mamma era isolata in Italia, vivevamo in una casa stupenda, ma alle porte di Roma e non potevamo andare a piedi da nessuna parte, l’attenzione su di lei era costante. In Francia è stata chiamata per fare un film e si è resa conto che lì poteva vivere una vita normale. Direi che la sua indomabilità si è dimostrata nel percorso per tornare ad essere se stessa.
Parli di atto di rottura con l’Italia, ma tua madre ha dichiarato di sentirsi sempre italiana…
Infatti rottura è una parola grossa. Siamo state adesso a Roma per la presentazione del libro e della retrospettiva e mamma era felicissima, all’Italia deve tutto, al cinema e i registi di quegli anni, lei fa parte della cultura italiana, i suoi ruoli sono poi personaggi di libri, quindi ancora di più dentro la cultura italiana. Ma anche la cultura francese, nella quale è cresciuta in Tunisia, ha avuto la sua importanza, e in Francia ha trovato una dimensione più adeguata alle sue esigenze, più “normale”. E’ molto bello, quando andiamo in Italia, che tutti la vogliano abbracciare e baciare, in Francia la riconoscono ma c’è sempre una distanza.
Parliamo della retrospettiva: i film li avete scelti insieme a Cinecittà e il dipartimento film del MoMA?
La rassegna nasce dall’idea di mostrare le opere restaurate negli ultimi dieci anni dalla Cineteca di Bologna e altri. A queste pellicole, classici degli anni ‘60, si sono aggiunte l’udienza di Marco Ferreri, La ragazza di Bube di Comencini e Atto di dolore di mio padre restaurate da Cinecittà, il MoMA poi ha scelto anche dei film americani e film più recenti, perché una delle cose belle della carriera di mamma è la sua longevità.

Come era Claudia Cardinale mamma?
Era molto impegnata, io sono cresciuta con una tata, lei viaggiava molto, poi quando siamo arrivate in Francia, io avevo 10 anni, è stata di più con me.
In casa siete due Claudie: è vera la storia che tuo padre ti ha chiamato così perché tua madre non voleva sposarlo e voleva che esistesse una Claudia Squitieri?
Sì l’ho capita con gli anni, papà non me ne ha parlato mai, voleva segnare così questa unione che è stata importante. Mamma non si è mai voluta sposare, neppure con Cristaldi. Amava tanto papà, in qualche modo lo ama ancora, anche se non c’è più, però evidentemente voleva mantenere la sua indipendenza.

Quella di tua madre è la classica storia degli emigrati che fanno fortuna, storia molto familiare qui in America ….
I miei bisnonni sono emigrati in Libia e mia nonna è nata lì poi si sono trasferiti in Tunisia, ogni tanto io e mio fratello cerchiamo di mantenere le tradizioni e facciamo il couscous, mia madre non è mai stata una donna di casa, cucinava, ma al massimo faceva spaghetti al pomodoro.
Questa storia familiare, queste modeste origini, hanno avuto una influenza nella creazione della Fondazione che porta il suo nome, nel desiderio di restituire qualcosa di quello che ha ricevuto dalla vita?
Mamma si è sempre battuta per l’abolizione della pena di morte con Amnesty International, ha seguito per molti anni le associazioni che aiutavano i bambini con l’Aids, si spende per una apertura delle frontiere, per risolvere il problema dell’immigrazione. Ha sempre sentito di essere stata fortunata e di voler restituire come poteva sostenendo delle cause. Oggi se un’attrice non lo fa non è nessuno, ma un tempo era una cosa rara. La fondazione è una conseguenza di questo impegno e del mio lavoro di storica dell’arte e organizzatrice di eventi culturali. Vogliamo cercare di sensibilizzare le persone attraverso la cultura ai diritti delle donne, l’ambiente, il Mediterraneo. Siamo associati con Green Cross, di cui mamma è presidente onoraria, e l’Unesco. Faremo delle residenze d’artista in questa grossa casa in cui abitiamo per creare dei progetti di tutte le arti, visive e sonore, che vorremmo intrecciare con dei dati scientifici, fattuali.