Ho conosciuto Patrizia on stage, più di vent’anni fa, da spettatore della sua Tosca, sugli spalti di quel Castel sant’Angelo nel quale il libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica ambientò il terzo atto dell’opera pucciniana. Saremmo diventati amici, al punto che si sarebbe prestata, con rara generosità, a coreografare alcune mie poesie in uno spettacolo che rappresentò alla Federazione unitaria italiana scrittori. Danzo, nuda come la verità, la sua autobiografia, l’ho vista nascere e lievitare nel tempo, sino a diventare quel sontuoso volume uscito qualche settimana fa da De Luca Editori d’Arte. Ricco di fatti, aneddoti, riflessioni, è impreziosito da foto di decenni di performance e realizzazioni, e contiene memorie come i manifesti degli spettacoli, nonché preziosi disegni del suo compagno di vita e marito, l’architetto Guido Paolo Menocci, scomparso nel 2014.
Il testo di Cerroni risulta di interesse specifico per un lettore interessato alla danza contemporanea e alla spiritualità, spaziando tra i movimenti artistici del corpo e le meditazioni dell’anima sino alle tecniche di libertà emotiva, Eft, il più recente approdo dell’autrice. Ci sono anche se non soprattutto, la persona e il personaggio, con la narrazione delle esperienze artistiche e umane accumulate.

Anticonformista e battagliera fin da bambina, Cerroni scrive il libro per condividere, come dice in apertura, “intuizioni” e “comprensioni”, mettendosi coraggiosamente a nudo al fine di spingere l’interlocutore a fare altrettanto. Così fa circolare una serie di sue “verità”, derivate dalle percezioni delle cinque dimensioni dell’essere: “spirituale, emozionale, inconscia, mentale e fisica”. Al lettore offre l’opportunità del lavoro che ha compiuto e compie su se stessa, nella consapevolezza che ognuno è artefice della propria vita e lo fa al meglio se riesce ad amarsi, prima di amare gli altri. L’arte è la chiave che le consente di interloquire con il mondo. Scrive: “La danza è musica vista, la musica è danza sentita. Il ‘sentire’ è la mia qualità prioritaria. È attraverso questa dote che riesco a penetrare la realtà”. Un cammino di conoscenza dovuto, afferma, “all’immersione nella danza e nella musica, le arti gemelle alle quali ho dedicato la vita.”
Non sorprende che quella dedizione abbia avuto bisogno di un fondamentale atto di rivolta: contro le costrizioni del balletto classico, o meglio dei canoni ripetitivi e non creativi che troppe scuole di danza impongono. Sentiva il richiamo degli spazi immensi di libertà – non ancora percorsi in Italia quando inizia – della danza non schematica, alla quale viene guidata anche da incontri professionali e umani: quelli con Jean Cebron e Merce Cunningham su tutti. Li definirà “un modello di poesia e di rispetto”.
Anche per le loro illuminazioni inanella quarant’anni di lavoro e di successi, con le attività di coreografa e/o danzatrice in un lungo elenco di opere ed eventi artistici (come la citata Tosca, Apotropia 1975, La création du monde 1977, Tendrils… e i miei sogni risuonarono delle sue melodie 1979, La pazzia di Ofelia 1984, Ladies & Gentleman 1986, Hyde ed Eva 1995, Ma volete capire qualcosa di noi donne? 2001, Cleopatra 2008), le partecipazioni ad eventi (come Taormina Arte 1984, Festival di Bagnolet Parigi 1975, Bombay Festival East West Dance Encounter 1984, Seoul Olympic Arts Festival 1988, Festival del teatro italiano 1995), gli spettacoli in tv (come i canali Rai e la Tv svizzera di Lugano) e in teatri (Indian International Center a Nuova Delhi 1984, Simón Bolĺvar di S. Paolo Brasile 1998, Olimpico di Roma 2001, dell’Opera di Roma 2008, Burghof della tedesca Lörrach 2006). In lei le persone vanno e vengono, alcune rimangono specie se sono artisti: i Charlie Mingus, Zakir Hussain, Mario Schifano, Giacinto Scelsi, Michelangelo Antonioni, formando un caleidoscopio che abbraccia l’intero spettro internazionale della nuova cultura degli anni ‘70 e ‘80.
Cerroni è protagonista di un viaggio a ritroso, oltre gli schemi rigidi del balletto classico e il conformismo musicale. Insegue la profondità delle esperienze consentite da corpo e mente, sino ad agganciare, per esprimerle nelle forme della contemporaneità, la classicità arcaica quando nella danza si esprimevano corpi liberi e senza costrizioni. Non casualmente, fondando una compagnia di danza, la chiama “Patrizia Cerroni & I danzatori scalzi”.