“Ho iniziato a danzare da quando avevo 4 anni, da allora non ho più smesso”.
Giorgia Picano, 25enne di Formia (Latina), mi dà appuntamento per un caffè sull’80esima strada nell’Upper East Side, poco distante dagli studi in cui si allena quotidianamente. Quando arrivo – caso professionalmente più unico che raro– la trovo già lì.
“I tempi nella danza sono tutto”, scherza. Intanto, nemmeno a farlo apposta, nel locale semi-affollato (sono appena le 3 del pomeriggio) suonano le note di Tiny Dancer di Elton John. Le premesse ora ci sono tutte.
Giorgia è a New York dal 2019. Una giovane di belle speranze che, come tante altre connazionali, ha attraversato l’Atlantico con il sogno di fare carriera come ballerina professionista. Dopo appena 4 anni, non è più solo un sogno. Dopo aver fatto colpo sugli insegnanti della prestigiosa Ailey School, oggi la giovane formiana collabora con diverse compagnie della Grande Mela – tra cui la Incanto Production, la Hanna Q Dance Company, il BBBallet, il SLD Theater, e la TMDAS (tanto per citarne alcune).
Una vita all’insegna della disciplina e della costanza, con almeno sei ore di allenamento tutti i giorni. Attualmente, ci spiega, è al lavoro sulla prossima tournée che la porterà in giro per la Costa orientale USA all’inizio del 2024.

Giorgia Picano, dal Basso Lazio alla Grande Mela. Come mai la danza?
È iniziato tutto a 4 anni. Come per molti altri bambini, era arrivato anche per me il momento di scegliere quale sport praticare. Non so per quale motivo battezzai proprio la danza, ricordo solo che fui colpita dai bizzarri movimenti che vedevo ogni giorno nella scuola di ballo sotto casa. Per me la danza significava – e significa – poter esprimere compiutamente tutto ciò che provo, liberarmi di sensazioni che le parole non sanno esprimere e dare libero sfogo alla gioia: la medicina perfetta per risanare ogni ferita. È stato amore a prima vista.
Un amore che, a giudicare dal talento precoce, è stato velocemente ricambiato.
Effettivamente me la cavavo più che discretamente. Il primo vero riconoscimento è arrivato a nove anni, quando decisi di partecipare a uno stage con il primo ballerino dell’Opera di Roma, Alessandro Rende. Conclusa l’esibizione, la mia insegnante mi chiamò in disparte. Temevo volesse sgridarmi. E invece: “Alessandro ha visto qualcosa in te, ti vuole all’Opera”. Ero al settimo cielo. Eppure qualcosa dentro mi diceva che non ero pronta per un passo del genere. Così rifiutai.
Pentita?
Francamente no, perché magari non sarei qui dove sono oggi. Nella vita l’importante è prendere le decisioni che riteniamo più giuste – e in quel momento mi sembrava la scelta più onesta. Peraltro ho continuato a studiare danza classica e, quando possibile, a fare qualche stage. È proprio in questo modo che ho scoperto il jazz, che è diventato il mio cavallo di battaglia.
Qualche anno più tardi, dopo essermi diplomata (al liceo classico e con il massimo dei voti, nda), ho trascorso un anno a Nizza per lavorare con la compagnia Cie Ballet di Serge Alzetta. Quel meraviglioso periodo mi ha dato tanto a livello umano e tecnico. Ma soprattutto mi ha insegnato l’arte del saper cambiare costume, accessori e scarpe in meno di trenta secondi.
Poi, all’inizio del 2019, la lettera che cambia la vita: “Congratulazioni Giorgia, sei stata ammessa alla Ailey School”…
Un sogno ad occhi aperti. Adesso ero davvero lontana dall’Italia. Eppure la sensazione che ho provato camminando per la prima volta per le strade di New York era quella di sentirmi a casa. Mi sono rimboccata le maniche e i primi risultati sono arrivati prestissimo: nel giro di qualche settimana ho infatti vinto una borsa di studio, studiando intensamente la tecnica Horton (che prende il nome da Lester Horton, pioniere della danza moderna, nda).
Il triennio di perfezionamento alla Ailey è stato fondamentale per la mia crescita, e la possibilità di chiudere in bellezza con uno spettacolo realizzato da tre grandissimi ballerini e coreografi quali Patrick Coker, Hollie Wright e Amy Hall Garner è stata la ciliegina sulla torta.

Oggi sei una delle ballerine italiane più affermate nella Grande Mela. A cosa stai lavorando?
Attualmente collaboro stabilmente con diverse compagnie, tra cui Incanto, Hanna Q, BBBallet, SLD Theater e TMDAS. Negli ultimi mesi ho inoltre preso parte ad alcuni spettacoli nazionali come “Table of Silence” – una performance a cura della coreografa Jacquile Buglisi che commemora i tragici attentati dell’11 settembre.
All’attività di ballerina ho intanto affiancato anche quella di coreografa. Recentemente ho collaborato con Incanto Production curando la sezione coreografica di un musical educativo off-Broadway con il quale siamo stati una tournée di un mese. Un’esperienza che sembra essere piaciuta tanto a noi quanto al pubblico, tant’è che bisseremo nel 2024.
Un calendario fittissimo, come qualsiasi professionista che si rispetti. Eppure pare che tu dia pure lezioni.
Tutto vero. Il tempo non è mai abbastanza, ma ho particolarmente a cuore il concetto di give back, soprattutto verso i giovanissimi che muovono i primi passi di danza. Oltre a lavorare come assistente artistica dell’Ailey, insegno in diverse scuole a bambini dai 18 mesi ai 14 anni, e occasionalmente impartisco lezioni private anche a chi è più in là con gli anni.
Ma, ça va sans dire, continuo io stessa a studiare per assicurarmi di essere la migliore versione possibile di me per i miei alunni. “Gli esami non finiscono mai”, dopotutto…
Quale consiglio daresti alle tanti giovani danzatrici che sognano l’America?
Questi quattro anni a New York sono stati anni importanti. È una città che ti cambia, e sta a te scegliere se in meglio o in peggio. Forse non sarà sempre tutto rose e fiori, ma l’impressione è che gli Stati Uniti siano un mondo completamente diverso rispetto all’Europa. Qui il livello è altissimo perché si investe tanto nella formazione dei ballerini fin dalla più tenera età, ma soprattutto si riconosce grande valore alle arti dello spettacolo e agli artisti.
Beninteso, chi artisticamente (e non) non cresce in questo Paese, quando decide di trasferirvisi dovrà faticare un po’ all’inizio, perché la competizione può diventare asfissiante. Ma volere è potere. E se credi fermamente nei tuoi sogni e sei disposto a fare sacrifici e a dare tutto te stesso per quello che ami e in cui credi, prima o poi l’universo ti ripagherà di tutto. Parola di ballerina.