“In città sono migliaia le donne intelligenti, belle e indipendenti, le conosciamo tutte e tutti pensiamo siano fantastiche. Viaggiano, pagano le tasse, spendono 400 dollari per un paio di sandali all’ultimo grido e sono sole. Perché ci sono tante fantastiche donne non sposate e nessun fantastico uomo non sposato? Sono questi gli argomenti che tratto nella mia rubrica e le mie amiche sono un’inesauribile fonte di informazioni…”
Questo più o meno era ciò che anticipava Carrie, la protagonista di “Sex and the City”, nella prima puntata andata in onda negli Stati Uniti nel giugno del 1998 e susseguitasi per 6 stagioni, fino al febbraio 2004. Basata sul romanzo omonimo di Candace Bushnell giornalista del The New York Observer, ogni puntata affrontava un tema, quello dell’articolo che Carrie appunto dovrebbe scrivere.
Nonostante siano passati oltre 20 anni questa serie ha rivoluzionato i nostri costumi, rimanendo ancora oggi estremamente attuale. L’attesissimo sequel intitolato “And Just Like That” saprà risultare all’altezza delle precedenti stagioni, mantenendo l’irriverenza e il fascino del passato? Saprà inglobare le rivoluzioni che hanno interessato questi ultimi anni? Dal movimento meToo, a una diversa inclusione, al mondo Lgbtq, all’avvento dei social e soprattutto saprà delineare la percezione acquisita dalle donne nel voler rappresentare loro stesse? Le nostre ragazze ormai cinquantenni ci potranno dimostrare che essere belle, affascinanti e soprattutto glamour è ancora possibile?
Lo faranno probabilmente con una maggiore consapevolezza, come dimostrato anche in un recente post scritto da Sarah Jessica Parker sul suo profilo Instagram, per rispondere a chi la criticava per aver deciso di rivestire ancora il ruolo di Carrie. “Ci sono così tante chiacchiere attorno a noi… Sui social tutti hanno qualcosa da dire… ha troppe rughe, non ha abbastanza rughe. Sembra quasi che le persone non vogliano vederci a nostro agio con la nostra età, quasi come se si divertissero a essere addolorati per quello che siamo oggi. E questo riguarda sia se scegliamo di invecchiare naturalmente e di non sembrare perfette, così come di ricorrere alla chirurgia. So che aspetto ho e non ho scelta. Cosa farò al riguardo? Smetterò di invecchiare? Dovrò scomparire?”

Sex and the City è stata la prima serie a entrare in maniera dirompente nell’universo femminile, attraverso le vicissitudini di quattro amiche raccontate con ironia e irriverenza. Donne libere molto diverse fra loro, in grado di affrontare le numerose sfide che la città che non dorme mai pone quotidianamente. Manhattan risultava essere di fatto la quinta protagonista del telefilm, si manifestava attraverso le sue luci e ombre, vibrante e multiforme, capace più di ogni altra metropoli di intercettare e accogliere i mutamenti e le tendenze da esportare successivamente altrove. Ma il successo indiscusso del telefilm passato per 94 episodi, 1 prequel, 2 film e una settima stagione che è appena iniziata a oltre venti anni di distanza, riguarda soprattutto la sua narrazione. Un modello femminile che per la prima volta scardina i tabù del passato, che ha la capacità di parlare in modo diretto e aperto anche di sessualità. Il sesso viene mostrato dalla prospettiva delle donne, una prospettiva poco esplorata, ma che ha permesso di cogliere quelle sfumature di sensibilità che molto le caratterizzano.
É facile riconoscere in ognuna delle protagoniste un tratto del nostro vissuto, delle nostre esperienze. Non c’è soltanto la ricerca di un divertimento sfrenato, attraverso le uscite nei locali più glitterati, le sfilate di moda, i brunch domenicali, fra un Cosmopolitan e l’altro, vengono affrontati anche temi delicati come il cancro al seno, l’infertilità, l’alcolismo, le dipendenze affettive. Carrie protagonista e voce narrante si definisce un’antropologa sessuale, emotiva a tratti incoerente, vede nel matrimonio una sorta di ostacolo al raggiungimento della sua essenza interiore. Potrebbe sembrare una anti eroina al femminile, ma quella sua innata vena romantica che la costringe a ricercare il grande amore, quello con la “A maiuscola” per dirlo con le sue parole, la ricolloca inesorabilmente in mezzo a tutte noi. Seppure apparentemente poco sostenibile lo stile di vita che le quattro amiche conducono, le vede indossare capi di abbigliamento che sono divenuti iconici. Grazie al sapiente utilizzo di abiti vintage, griffati, o da appena 5 dollari come la gonna in tulle indossata nella sigla.
L’avveniristica costumista di scena Patricia Field, aveva saputo conferire alla serie autorevolezza anche in questo ambito. Gli episodi delle prime serie hanno abbracciato un arco temporale che passa dagli anni 90 al 2000, registrando non solo un cambiamento delle protagoniste che avanzano con la loro età, ma cogliendo anche una trasformazione economica, culturale e sociale che aiuta meglio il telespettatore a capire il contesto in cui si muovono. Non risulta mai estrema, alternando momenti di leggerezza con altri a cui fanno sfondo paure e fragilità. I dialoghi riportano spesso alla trama dei film di Woody Allen, dove tutti si ritrovano, loro malgrado, al centro di un’assurda quanto improbabile seduta di terapia di gruppo.
In contemporanea con gli Stati Uniti sono stati appena trasmessi anche in Italia i primi due episodi della nuova serie. Ritrovare le protagoniste diverse e allo stesso tempo fedeli ai propri personaggi è stato confortante. Un tuffo nel passato, che si riflette in un presente segnato da una pandemia strisciante e ben documentata e da una miriade di personaggi secondari mai fino a ora contemplati. Fra loro una professoressa afro dalla chioma intessuta di treccine, un non binario podcaster, e un’anziana segretaria custode probabilmente di inconfessabili segreti. Con l’avanzare dell’età sono cambiati gli argomenti da sviscerare durante le colazioni, ma non la schiettezza con cui ci vengono raccontati.
Già alle prime battute un confronto sincero sull’incedere dell’età e del corpo che cambia, che si trasforma, lascia spazio a riflessioni profonde. Si parla naturalmente di amicizia in questi primi frame, l’amicizia che è stata la colonna portante delle precedenti stagioni. Amicizie che spesso possono frantumarsi. portando a litigi e incomprensioni. Questo in parte ci viene descritto per giustificare il vuoto (pesante) lasciato della carismatica Samantha, assente in questo sequel. Ma è nel secondo episodio che l’ironia e la leggerezza lasciano spazio all’imprevedibilità della vita, catapultandoci improvvisamente dentro al dolore e a un colpo di scena inaspettato.
Questo nuovo capitolo prevediamo che saprà mantenersi autentico, senza aver paura di osare, addentrandosi in zone poco confortevoli, senza accompagnare il telespettatore per mano. And Just Like That lo ritroviamo come un mantra recitato alla fine degli episodi: ne rimangono ancora otto in cui, possiamo essere certi, sapranno raccontare con onestà la complessità di queste donne contemporanee e della loro nuova fase di vita.