
La storia di Nico Malvaldi è una lunga storia, ma non la racconterò adesso perché ci vorrebbe un articolo a sé.
Vi dico solo che ventenne, dopo il militare, lascia l’Italia, se ne va a esplorare gli USA e lì rimane. San Francisco, Los Angeles e infine NY, dove vive da oltre quindici anni.
Si arrangia come può e fa tanti lavori. Si appassiona anche alla fotografia e, un po’ per caso un po’ per fortuna, inizia a ricevere incarichi da professionista. Tra questi, quello che lo appassiona di più è quello con Ballets with a Twist, una compagnia di danza di New York City con cui lega un solida collaborazione professionale che continua da oltre un decennio e per la quale, non solo fotografa spettacoli ed eventi, ma gestisce l’intera immagine della compagnia.
E’ bravo Nico, ha l’occhio esperto di chi sa scovare la bellezza negli angoli meno probabili e più dimenticati, dove la poesia passa silenziosa e si alimenta nel cuore delle persone che non possono farne a meno. E lui, appena trovata, non la molla, anzi, ne sposa l’essenza e la persegue, nel tentativo di non tradirla mai.

E’ guardando in certi luoghi apparentemente senza tempo e lasciati a sé, rintanandosi in quei posti dove la gente non ha bisogno di seguire stili e mode perché ne ha già uno definito – spesso anche come di stile di vita – che Malvaldi impara a conoscere meglio se stesso. In quei bar dimenticati trova una dimensione che riconosce subito come propria, che sente appartenergli. Ascolta la musica che persone senza tempo né età suonano dal vivo e nella quale ritrova i suoi valori e i suoi ideali. I Dive Bar – così si chiamano – diventano la sua seconda casa, un luogo di intimità in cui ritrovare la propria autenticità nel profondo; dove scoprire, nella solitudine più virtuosa, ogni volta qualcosa in più, che lo sorprende e, allo stesso tempo, lo appaga. Qui si rispecchia la sua personalità, dentro un passato che non trova spazio nel presente, in grado di plasmare chiunque, compresa la natura più indomabile. Nel quale, silenziosamente, ci si può ritrovare irretiti nella trappola della borghesia, dentro uno stile di vita ricco di sicurezze e comodità, ma che snaturerebbe chiunque, ogni giorno un po’ di più, fino a quando, guardandosi nello specchio, non si riconoscerebbe più chi si è diventati.

Con la sua inseparabile amica – la macchina fotografica – diventa testimone di questi luoghi vissuti da persone che, dentro la musica – rigorosamente dal vivo – mantengono l’interesse per locali in cui tutto è rimasto come era: dai microfoni con il filo alle poltrone consumate; dalle sedie rotte ai banconi graffiati, i poster sbiaditi degli anni ‘80, in cui l’atmosfera e lo stile sembrano sospesi in un passaggio di epoche. Congelati in un moodinconfondibile, questi locali restano impegnati a conservare la loro tipicità – oltre che a viverla – perché si mantenga identica nel futuro. Per poter mostrare, anche alle generazioni che verranno, cosa erano e i valori in cui credevano, attuali ancora oggi dopo oltre quarant’anni.
E’ qui che la fotografia di Malvaldi prende corpo e si plasma, in perfetta sintonia con lo stile di questi bar: le sue foto sono volutamente scattate in analogico, con l’uso del tradizionale flash, al fine di ritrarre come si vive in questi ambienti, in cui non c’è posto per le foto in posa – figuriamoci i selfie – le bollicine e i vestitini firmati, in cui tutto ha una sua valenza socio-culturale, priva di maschere o filtri che confondano l’immagine di chi si è con quella di chi si vorrebbe essere: perché qui l’apparenza della persona e il suoi contenuto coincidono, anzi sono urlati e gridati, non per moda ma per necessità, quella di sentirsi veri e autentici fino in fondo, come è la musica dal vivo che suonano in questi posti, il punk. Senza imbrogli, senza finzione; saluti e sorrisi di circostanza.

E scatto dopo scatto nasce anche il progetto di Nico Malvaldi – MANI – che tenta di promuovere questa bellezza con la stampa delle sue fotografie sulla carta destinata ai quotidiani, tipica degli anni ‘80, nel rispetto dei colori – bianco e nero – e delle ampie dimensioni. Inevitabile la collaborazione con gli stessi Dive Bar che frequenta e che Malvaldi fotografa la notte – Berlin, Our Wicked Lady, Gran Torino, Baby’s All Right, Niagara, Coney Island Baby, The Broadway – oramai suoi veri sponsor e che lo supportano in questo progetto di promozione artistica e socio-culturale insieme a Ilegal Mezcal. Infine, lo scorso mese di Marzo collabora con 72 Gallery, una galleria che espone solo leggende del punk and rock di New York. Uno stacco dal passato al contemporaneo in una mostra tanto attesa quanto drasticamente interrotta dalla pandemia.

Sfogliando le foto in bianco e nero si scorgono non solo “usi e i costumi”, ma anche valori, forza e dignità, in cui l’affermazione della propria persona passa per la capacità di somigliare solo a sé stessi, sentirsi unici nella lealtà del proprio essere, privo di miti da imitare. Le foto offrono dettagli di inusuale sensualità – più celata e meno comune – non cercata negli oggetti ad essa affini, ma nel ritmo dei chiaroscuri che si rifrangono sui corpi poco vestiti, posture libere, simboli e sudore seguito al ritmo della musica, come pure una immancabile irriverenza, sempre ritratta con umanità e lealtà, in cui la luce trasforma la pelle in velluto e le dita avvinghiate al corpo in poesia. Dove il particolare e il dettaglio notati nella confusione lasciano percepire quale energia si liberi e si viva. Nulla è preparato o confezionato: nessun prodotto-foto da vendere; nessuna vetrina da illuminare e proporre, nessuna bellezza costruita all’inseguimento di un ideale che si rivelerà incompiuto. Piuttosto la consacrazione della unicità intesa come libertà dell’Essere, una libertà che più bella non si può. Perché è vero che – come cita il sottotitolo de La Voce di New York – “Liberty meets Beauty”.