Compirà novant’anni domenica 6 settembre, Daniele Barioni, il tenore che con la propria interpretazione del Caravodossi ne “La Tosca” di Puccini, il 20 settembre del 1956 fece ‘tremare il Metropolitan’. Così titolavano i quotidiani all’indomani della sua esibizione, dando vita alla leggenda del giovane italiano di origini contadine che si impose nel mondo dell’opera e nel cuore della pianista di fama mondiale, Vera Franceschi, grazie a talento, determinazione sfacciataggine.
A New York, Barioni ha vissuto un decennio, intervallando con tour mondiali la sua parabola umana e professionale. Ferrara, la sua città, lo festeggerà domenica sera, nella splendida cornice del Ridotto del Teatro Comunale, con un evento a lui dedicato.
Il tutto nasce dalla recente pubblicazione de L’uva e l’acciaio. Biografia romanzata del tenore che fece tremare il Metropolitan di New York (Giraldi Editore), della giornalista e scrittrice Camilla Ghedini, con introduzione e collaborazione di Paolo Govoni, Presidente della Camera di Commercio di Ferrara, fautore del binomio economia-cultura, che del testo ha avuto l’intuizione e con Ghedini ha ‘intervistato’ il tenore. Del libro esiste già una versione inglese, Grapes and Steel, che a pandemia terminata sarà presentata anche a New York.
Una biografia romanzata, così riporta il sottotitolo, perché come spiega Ghedini nella sua introduzione, Barioni non è persona semplice, attua continui tentativi di depistaggio tra provocazione e ritrosia. In più, il suo era un tempo senza connessione, senza digitalizzazione, senza cellulari. Non c’era l’attuale sovrabbondanza di informazioni. Di qui, l’idea di darne una rappresentazione, tenendo tuttavia fede alla carriera, dettagliatamente riportata.
Ne esce un Barioni saggio e riflessivo, diverso dall’autentico, che in un dialogo immaginario con un giovane di grandi e frustrate speranze, Agostino, si confronta sui concetti di talento, ambizione, successo nel tempo attuale.
Barioni, che Luciano Pavarotti definì “Tra i tenori di un altro pianeta, capace di cose che in passato sono riuscite solamente a lui e a pochissimi altri”, nasce a Copparo, in provincia di Ferrara, il 6 settembre 1930. Figlio di agricoltori, a 18 anni va a studiare canto a Milano. Debutta nel capoluogo lombardo, al Teatro Nuovo, nel 1954, come Turiddu nella “Cavalleria Rusticana” di Pietro Mascagni. La sera della prima, tra il pubblico, è presente Rudolf Bing, direttore del Metropolitan di New York, che lo scrittura per il Met.
La svolta avviene nel 1956. Il 20 febbraio sostituisce Giuseppe Campora, improvvisamente influenzato, nel Cavaradossi de “La Tosca” di Puccini, diretto da Dimitri Mitropoulos. I dieci minuti consecutivi di applausi del pubblico lo consacrano a tenore di notorietà internazionale.
Comincia così la sua parabola, che lo vede esibirsi anche alla Casa Bianca per il presidente John Fitzgerald Kennedy. Nel 1957, a New York, sposa la pianista italo americana Vera Franceschi, da cui ha un figlio, Giulio. La prematura morte di Vera, nel 1966, viene indicata come lo spartiacque della carriera del Maestro. Dalla fine degli anni ’70 si ritira a Ferrara. Nel 2012 riceve il Premio Caruso, di cui viene considerato l’erede. Nel 2015, a Modena, viene insignito del titolo di ‘Grande della lirica’. Nel 2018, riceve l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica.