Periodicamente torna l’allarme: il gatto domestico, l’amabile micetto di casa o del quartiere, felis catus, è anche un cacciatore spietato, un serial killer che uccide per divertimento e non per fame, un pericolo costante per uccellini e animaletti di terra. Ogni ‘proprietario’ di gatto lo sa (li amiamo anche per questo nella loro magnifica agilità) ma il nuovo studio compilativo pubblicato sulla rivista Nature fa un passo oltre e dichiara che i “gatti in libertà” sono “carnivori invasivi”, fra “le specie invasive più problematiche del mondo”, portati dall’uomo anche dove in origine non erano, cioè in tutti i continenti tranne l’Artico.
Chi è un “gatto in libertà?” Secondo lo studio, un felino “di proprietà o senza proprietario che ha accesso all’ambiente esterno”. I ricercatori – da Stati Uniti, Australia, Francia e Nuova Zelanda – hanno rivisto 533 studi sui gatti in liberà per imparare di più sull’impatto che hanno sugli ecosistemi locali.
Hanno scoperto che i gatti uccidono animali di almeno 2,084 specie, di cui 347 sono a rischio (“vulnerabili” o “molto vulnerabili” al rischio estinzione). Per il 47% si parla di uccelli, seguiti da rettili, piccoli mammiferi (il 20%), insetti e anfibi. Per il 97% le prede sono animali sotto i 5 chili di peso, e queste stime eccedono per prudenza.
Il fulcro della ricerca, avverte lo studio, è sull’alimentazione, ma ci sono 150 anni di letteratura che documentano l’impatto negativo sull’ambiente dei gatti in libertà, incluse numerose malattie trasmesse dai felini (toxoplasmosi, rabbia). I gatti vivono in colonia e anche questo crea problemi igienici e conflitti fra specie. Infine “la sola presenza di un gatto può creare paesaggi di paura che risultano in modifiche del comportamento della fauna selvatica, incluse le decisioni su dove cibarsi e allevare la prole”.
Tutto considerato, è necessario “studiare politiche per ridurre l’impatto dei gatti in libertà” conclude lo studio, perché sono “predatori indiscriminati e mangiano qualunque tipo di animale riescano a catturare”. E quindi “anche se i nostri risultati eccedono per prudenza, chiariscono fino a che punto una specie invasiva ampiamente distribuita interagisca con altre specie del mondo”.
Non è chiaro quali siano le politiche da applicare, ma si immagina che potrebbero variare dall’abbattimento selettivo, alla sterilizzazione di animali di proprietà e randagi (raccomandata peraltro da tutti i veterinari e tutte le semplici gattare del mondo, anche quando le amministrazioni pubbliche se ne disinteressano), all’insistenza sul tenere i gatti domestici in casa “in sicurezza” – altra richiesta che la disprezzata gattara fa ad ogni potenziale adottante.