Con l’aumento del numero di satelliti in orbita, cresce anche la quantità di quelli in dismissione, che cadendo verso la Terra, minacciano l’atmosfera e rilasciano sostanze inquinanti dall’alto. Attualmente si contano oltre 10.000 satelliti attivi, di cui circa 6.591 appartengono alla costellazione Starlink di SpaceX. Altri sono gestiti da aziende come Amazon, OneWeb (con sede nel Regno Unito) e da nuove iniziative cinesi, che prevedono di mettere in orbita oltre 15.000 satelliti nei prossimi anni.
Secondo gli esperti, la vita operativa media di un satellite è di circa cinque anni. Terminato questo periodo, molti vengono smaltiti facendoli rientrare nell’atmosfera, dove si disintegrano bruciando. Questo processo, tuttavia, rilascia nell’alta atmosfera particelle di ossido di alluminio e altri metalli pesanti che possono compromettere il clima e ostacolare il recupero dello strato di ozono già messo a dura prova.
Durante il rientro, i satelliti possono apparire come comete a chi li osserva dalla Terra. Ma i rischi ambientali sono concreti. L’affollamento crescente dell’orbita bassa terrestre (LEO) solleva preoccupazioni non solo per l’inquinamento, ma anche per il rischio di collisioni. Nel solo 2024 sono stati lanciati oltre 2.500 oggetti artificiali, e si stima che entro il 2050 potrebbero orbitare quasi 50.000 frammenti di dimensioni superiori ai 10 cm.
Come le emissioni di gas serra, anche i detriti spaziali possono avere effetti nocivi cumulativi, aggravando l’impatto ambientale globale. E tutto questo si verifica in un contesto geopolitico dove le politiche ambientali faticano a tenere il passo con lo sviluppo tecnologico.
Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Geophysical Research: Atmospheres, le sostanze rilasciate durante il rientro dei satelliti si concentrano alle alte latitudini, causando anomalie di temperatura fino a 1,5°C nell’atmosfera medio-alta, riduzione della velocità dei venti e un possibile esaurimento dell’ozono, che potrebbe diventare irreversibile. Oltre all’ossido di alluminio, anche metalli come titanio, litio, ferro e rame vengono rilasciati nella stratosfera, ma il loro impatto è ancora poco compreso.
A complicare ulteriormente la situazione è la mancanza di un quadro normativo efficace: le attuali leggi ambientali non considerano l’inquinamento dallo spazio, lasciando questa nuova forma di contaminazione praticamente non regolamentata.
Come ha dichiarato Josef Aschbacher, direttore generale dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA): “Il messaggio è cristallino: i detriti spaziali sono un problema e dobbiamo fare qualcosa al riguardo.”