I pesci di tutto il mondo si stanno letteralmente rimpicciolendo, a partire dal salmone vicino al Circolo Polare Artico fino ai pesci dell’Atlantico.
A sostenerlo è la rivista americana Science Magazine che, a seguito di una raccolta dati dal 1960 fino al 2020, ha individuato un calo importante della taglia media in circa tre quarti della popolazione marina.
Il team, composto da scienziati provenienti da 17 università, ha studiato e comparato le informazioni relative a 4,292 mammiferi, piante, pesci, invertebrati, anfibi, rettili e perfino ai fondali marini prima di constatare che il problema non è strettamente relativo all’attuale diminuzione della dimensioni dei loro corpi ma che tali organismi stanno diventando sempre più piccoli di generazione in generazione.
Il dottor Inês Martins, a capo del progetto di ricerca della York University, si dichiara preoccupato proprio perché “La maggior parte delle specie sono rimpiazzate da altre più piccole fino a sparire. Questi trends sono chiaramente visibile tra i pesci mentre tra gli altri animali abbiamo meno dati disponibili e non abbiamo trovato un cambio significativo della taglia media … tuttavia è insindacabile il fatto che siamo di fronte ad un cambiamento piuttosto grande della biodiversità dei diversi luoghi”.
Sebbene il fenomeno non sia ricollegabile ad un’univoca e chiara causa scatenante, sembra tuttavia essere innanzitutto legato al cambiamento climatico, in particolare modo al surriscaldamento globale che disincentiva la crescita dei pesci stessi: quelli allevati in acqua calda sono infatti mediamente grandi meno della metà rispetto a quelli presenti in acqua fredda. In merito a tale questione, è intervenuta Lisa Komoroske, conservation biologist presso l’Università del Massachusetts ad Amherst, affermando che “Questa è una domanda piuttosto fondamentale. Ma ancora non capiamo perché”.
Anche la pesca intensiva, ad ogni modo, pare essere una delle cause principali.
L’argomento in esame diventa però di notevole portata se si considera che può effettivamente impattare sulla vita di tutte quelle persone che si cibano di pesce: sono oltre 3 miliardi le persone che li considerano la fonte proteica principale della propria dieta. Una minaccia dunque che si ripercuote su più fronti e che potrebbe tradursi in meno carne per lo stesso numero di palati da sfamare. La professoressa Maria Dornelas della St. Andrews University, ha dipinto un quadro generale a riguardo affermando che “Pensiamo che questo suggerisca che, quando i grandi organismi scompaiono, altri cercano di prendere il loro posto e utilizzare le risorse che diventano disponibili. Riconoscere ed esplorare questa complessità è imperativo se vogliamo capire i meccanismi coinvolti nel modo in cui le dimensioni del corpo stanno cambiando nel tempo”, per poi entrare nello specifico affrontando il tema relativo all’alimentazione “È chiaro che la diffusa sostituzione delle specie che vediamo in tutto il mondo sta avendo conseguenze misurabili. Gli organismi che diventano più piccoli hanno effetti importanti in quanto le dimensioni degli animali mediano il loro contributo al funzionamento degli ecosistemi e a come gli esseri umani ne traggono beneficio: i pesci più grandi di solito possono nutrire più persone dei pesci più piccoli”.